"Io preferirei di no"
Da Bartleby lo scrivano, di Herman Melville
Non è pagano vedere la democrazia diretta come una sintesi
hegeliana, negazione della negazione, del percorso che l’individualismo compie
attraverso l’altro da sé della democrazia rappresentativa e delegante per
giungere alla sua piena autoconsapevolezza.
Molto
si parla oggi infatti della società individualistica, ma più a torto che a
ragione, perché anzi mai la società è stata più massificata, omologata e
omologante. Lo è divenuta così in quanto società di massa, globale, vincolata
da legami scaturiti da molteplici fattori, visibili tutti degnamente nei media, che non a caso
si chiamano così: media, ciò che lega. Ma anche dalla sua stessa natura di
mercato, in cui vige la legge del capitale, del numero, che non ha memoria di
sé, ma è mero numero. E non solo sul fronte economico. La stessa democrazia rappresentativa
nasce, cresce e si ramifica sulla legge del numero, numero dei voti
essenzialmente.
L’individuo
dunque, ultimo bastione dinanzi a questa
marea, cerca come può di sopravvivere. Molto spesso rifugiandosi in un’alienazione
autoindotta, in una riserva di divertissement, di pascaliana memoria, di autostordimento.
Ma egli
mantiene sempre una gran forza, la forza dell’io, estrema unità costituente la
suddetta società. E quest’io può ribellarsi alla legge del numero, alla legge
del più forte dunque. E con l’avvento del decennio zero, e ancora molto con
quello dei nostri anni ’10, pare che in molte parti ciò stia avvenendo. Questa protesta
dell’io si sta concretizzando in molteplici forme.
Tuttavia
l’io dinanzi alla società non può nulla, la sua stessa sopravvivenza materiale
è legata dallo scendere a patti con le regole del mercato. Esso se vuole
nutrire i propri bisogni fisici deve sottomettersi, non c’è altro da fare.
Ma pur
in questo stato di sottomissione la sua forza originaria non si spegne. Può arrivare
ad umiliarsi sì, ma mai spegnersi, giacché è proprio quell’estrema scintilla,
quel grido disperato dell’io a costituire la sua propria essenza.
Ecco
dunque che la lotta hegeliana tra individuo e società, che politicamente
diventa lotta tra le opposte correnti di individualismo e democrazia
rappresentativa, frutto più maturo del Novecento e dell’ultimo Dopoguerra, può
dare origini ad una sintesi, ad un suo superamento. L’individuo da solo infatti
non può vivere, ma non può nemmeno perdersi nella società massificata. Devo trovare
una via d’uscita, che negli ultimi anni ha preso le forme di un miraggio
politico, a cui pare si tenda ma che mai si potrà afferrare: quello della
democrazia diretta.
Di essa
conosciamo solo alcune sue apparizioni, al momento ancora rozze e molto legate
ancora alla democrazia rappresentativa: l’istituto dei referendum ad esempio, o
quello delle primarie per la scelta dei candidati. Ma essi sono soltanto primi
abbozzi, embrioni di una nascita che ha molto di più da raccontare in ricchezza
di forme e di contenuto. Alcuni esperimenti in piccole città sono già in atto,
di autogoverno dal basso, ma pur’esse lasciano il tempo che trovano, se non si
arriva a capire, o meglio ad intuire, la grande potenzialità che la democrazia diretta
può rappresentare.
Costituendo
il ritorno dell’individualismo arricchito dall’altro da sé nel suo specchio
annullante che è la democrazia rappresentativa, la democrazia diretta contiene
la forza dello Spirito che si è autoconosciuto, attraverso il suo viaggio nella
Natura partendo come Idea, e perciò potrebbe rappresentare la più grande
conquista politica della nostra epoca. Giacché lo Spirito è storia, e vive
attraverso la storia.
Essa
non è semplice governo dal basso, ma l’individuo consapevolizzato dal suo
passaggio nel mondo ne ha acquisito anche gli strumenti, si è reso
autosufficiente sul piano politico. Egli si ritiene ora capace di esprimere le
proprie potenzialità politiche senza delegare ad altri ciò che potrebbe fare
lui. Ecco perché la democrazia diretta non è semplice surrogato di quella rappresentativa,
non governo dal basso, ma capacità dell’individuo di agire secondo la completa
sfera delle sue possibilità. Una sfera che si allarga vieppiù attraverso la
propria autoconsapevolezza e l’esperienza del proprio agire. Egli si ritiene
libero di creare nuove forme politiche ed economiche, di attuare i propri
bisogni non affidandoli al mercato o ai propri rappresentanti politici, ma da
sé, attraverso autoaggregazioni e nuovi metodi. La democrazia diretta pertanto
è proprio la libertà, duramente acquisita attraverso la fatica della lotta, parallelo
politico della filosofica fatica del concetto, dell’individuo di autogestirsi.
Ci arriveremo?
La rete già è buon passo. Rete ovvero unità di singoli quadratini, che in
quanto quadratino preserva la sua propria essenza. Essa ha reso accessibile a
tutti la cultura e la conoscenza. O lo sta tentando di fare. I nuovi movimenti
politici e religiosi stanno cercando di liberare l’uomo dalle sue barriere
indotte fin dalla nascita. Insomma c’è movimento.
E la
nostra Associazione nel suo piccolo è insita in questo movimento. Mettendo nei
suoi principi fondamentali non una qualche ideologica missione, ma la tutela
della diversità, il rispetto dell’individuo e la libera esplorazione artistica
e culturale, essa già è democrazia diretta. Quest’anti-missione, una missione
che le prevede tutte, perché suo unico fine è l’espressione, la ricerca
individuale che condivisa diventa comune, parrebbe quasi un miracolo di logica
oltreché di politica. Ma lo Spirito è capace anche di miracoli.