domenica 30 giugno 2013

Billiken il n. 2

è uscito il numero 2 di BILLIKEN, fanzine multitematica!

In questo numero:

Odisseo - Lidia fumetto mitologico;
articolo: la filosofia come autoanalisi;
rubriche: pittori e poeti locali, l’altro Kipling;
narrativa metropolitana;
e poi poesia, commenti politici, religiosità, musica metal e altro ancora.

Organo ufficiale dell’Associazione 20 luglio.

Richiedi la tua copia a associazione20luglio@gmail.com.

Si cercano collaboratori e sponsor 


è inoltre sempre disponibile il n. 1 in cui trovate:


Fallen Angels fumetto underground;
rubriche: i supereroi di Cinecittà, il mistero di Akakor città sotterranea, recensione al film L’Intervallo, Zagor;
acconto pulp illustrato;
e poi poesia, commenti politici, musica metal e altro ancora.

sotto copertina e quarta di copertina del n. 2


giovedì 27 giugno 2013

Atti dell’Associazione: un lontano scrutare, un commento al primo ciclo di lezioni di filosofia orientale, dedicato al buddhismo.



da Billiken n. 2:

Di Lucio Iacono

            Dopo gli incontri letterari, ecco il nostro secondo grande progetto continuativo di ricerca. Fortemente volute da me, che ho svolto per diversi anni yoga e che ho sempre cercato di unire alla mia laurea in filosofia anche lo studio delle conoscenze orientali, e dal socio Antonio Gaeta, ramana, cioè sacerdote, indù, le lezioni di filosofia orientale sono iniziate il 27 settembre, con cadenza settimanale ogni giovedì.
            Io e il ramana volevamo cercare di trasmettere agli altri ciò che per me è un amore filosofico e una scuola di vita e di pensiero, e che per lui è un vero sentire religioso. Trasmetterlo ai nostri soci e amici prima di tutto, ma anche a tutti coloro che si sarebbero voluto accostare all’Associazione. Ci dividemmo i compiti: io avrei pensato alla parte filosofica e lui al momento di religiosità conclusivo.
            Attenzione a intendere la religione qui citata in senso occidentale, cioè come un insieme di dogmi, dottrine e atti liturgici conseguenti. Non esiste dottrina in oriente che sia sistematica e data una volta per sempre, ma solo esperienza in continuo movimento. In oriente si è tutti parimenti religiosi e al contempo si è tutti interpreti in modo diverso della religione, giacché essa non è altro che una pratica, verso noi stessi, verso il prossimo, verso Dio stesso o verso il vuoto, come nel buddhismo.
            Abbiamo deciso infatti di iniziare questo corso proprio con la filosofia più dirompente, più alternativa, più radicale del mondo orientale: la testimonianza non-testimonianza del Buddha. Questa imperniava la prima parte della lezione, specificatamente dedicata allo studio e alla spiegazione, con l’ausilio di saggi del nostro tempo. Ho scelto all’uopo due testi di Osho:  Buddha la vita e gli insegnamenti, Macro Edizioni; La mente che mente - commenti al Dhammapada di Gautama il Buddha, Feltrinelli. Seguiva quindi una meditazione, il dono sommo della civiltà orientale, a tutte le sue filosofie comune, guidata da me, ove ho cercato di sperimentare ogni volta un modo diverso di meditare. Poi veniva la lettura di un antico testo orientale, per andare alle origini, ai primordi della loro cultura, che nel caso è stato Trovare il centro, un testo dello shivaismo, forse la via più antica, la culla del pensiero orientale, contenuto in Mumon, La porta senza porta, Adelphi. E infine il breve momento di religiosità condotto dal ramana. Prima di ogni lezione avevamo preso l’abitudine, per prepararci a varcare ciò che stavamo per varcare, di leggere qualche canto di Milarepa, il più grande maestro del buddhismo tibetano, da I centomila canti di Milarepa, Adelphi
            Come sempre è valso il modus operandi tipico dell’Associazione, cioè di condividere e discutere insieme. Seduti per terra, senza scarpe, su stuoie e tappeti, a modo dell’ashram, luogo, “protezione” dal significato sanscrito, yogico, giacché la nostra modesta sede per quel paio di orette diventava davvero un ashram, i convenuti erano insegnanti al pari di noi due, portavano i loro contributi, ciò che lo studio gli ispirava in rapporto alla loro stessa vita e ansia di ricerca, e insieme si cercava di capire. Per la grande differenza, in forma e sostanza, che rappresenta questo insieme di filosofie agli occhi del paradigma occidentale, e più di tutte la via senza via, porta senza porta del buddhismo, è stato un vero lontano scrutare. Ma, pur con tutte le difficoltà, credo che ci siamo saputi portare, arrivando anche a vedere, in rare, illuminate volte, che il cuore di tutte le religioni alla fine è il medesimo.
            E soprattutto la meditazione, che vale più di mille teorie. Nell’arco dei dieci giovedì abbiamo meditato, seduti in posizione yogica come prescritto, sul vuoto, sul respiro, o meglio sull’istante di iato tra un atto respiratorio e l’altro, come insegnava Trovare il centro. Abbiamo meditato recitando un mantra buddhista, percorrendo, con la vista esteriore e interiore, lo sri yantra (che vedete a fianco), il più potente e venerato dei yantra induisti, figure geometriche rappresentazioni della divinità e divinità loro stesse. Eppoi sulla negazione operata dall’insegnamento del Buddha, la via negativa. E la volta dopo una più leggera, accompagnata dalla musica, come predicava Osho. Seguita il giovedì successivo da una al suono dei flauti zen. E poi su un altro mantra, e sulle parole stesse del Dhammapada, che si dice siano dello stesso Gautama il Buddha. Infine recitando il daimoku, che dal giapponese vale a dire “sia lodata la legge eterna del sutra del loto”, a compimento di questo primo ciclo di lezioni.
            Purtroppo durante questo corso il ramana e socio Gaeta, che con me l’ha voluto e preparato, ha deciso di venire meno a seguito di alcune polemiche e problematiche di coscienza. La sua decisione mi ha molto addolorato ma le lezioni, pur senza il momento di religiosità, sono proseguite. Io però mi auguro sempre che come il cerchio, che torna e ritorna sempre su di sé, figura di cui l’oriente è intessuto, si possa risanare un dì questa frattura, in questa o altre vite.
            Chiuso il primo ciclo di lezioni, il prossimo verterà sull’induismo e inizierà probabilmente dopo la prossima estate. Chi è interessato ci contatti al nostro indirizzo email. A voi om om shanti.



Lo Sri Yantra, posto sulla locandina delle lezioni.

Atti dell’Associazione: litterae vaganti, un commento a Ποιητής - liberi incontri letterari.


da Billiken n. 2:


Di Lucio Iacono

Ποιητής (poietés), che noi per un voluto vezzo abbiamo voluto mantenere nella locandina con la sua grafia originale, è stato il primo grande percorso di ricerca svolto dall’Associazione. Dipanatisi per 25 venerdì, i nostri incontri letterari hanno messo davvero in pratica il programma fondamentale dell’art. 3 dello Statuto, quello dei principi associativi: “promuovere la libera esplorazione e la conoscenza (…)”.
Ποιητής significa poeti, scrittori, compositori, ma prima ancora fattori, creatori, autori. Heidegger, per il quale bisognava tornare agli archetipi delle parole, nella sua finale meditazione filosofica ritenne i poeti gli unici creatori possibili, creatori di senso, di significato che dava forma all’informe caos: coloro che traevano dal caos l’essere stesso. Lo creavano dal nulla, o si limitavano a plasmare la silente materia preesistente? Questo a noi non ci è interessato, perché più che fare filosofia, abbiamo voluto fare letteratura, immergerci in essa per non più uscirne.
Cominciamo dal metodo. Esso è rappresentato nel primo termine del sottotitolo dell’evento: “liberi”. “Liberi” perché le sedie erano disposte a cerchio, in modo che tutti potessero guardarsi in faccia, e questa immaginaria tavola rotonda era sita in una locanda spagnola, una di quelle locande dove ognuno porta qualcosa da mangiare o da bere, e si condivide con gli altri. Così negli incontri ogni convenuto era invitato a portare qualcosa di suo o di altri, da condividere. “Liberi” perché liberamente la discussione procedeva, da letture a commenti, e da commenti a discussioni, in un moto continuo rimbalzante sulle immaginarie pareti della circonferenza, ora lento, ora più infervorato quando si trattò di argomenti più toccanti. Incontri insomma diversi da qualsiasi modello di conferenza con un relatore e degli ascoltatori: nei nostri incontri ognuno era relatore e ascoltatore.
Invero all’inizio essi si chiamavano “liberi incontri poetici”, perché, per la propensione mia e del socio Gennaro Conte, si era voluto limitarli a quest’arte al contempo luminosa e oscura. Fu  all’inizio un convivio di poeti locali, assieme a noi c’erano il direttore artistico e ideatore di questa fanzine, Giancarlo Pisani, anche poeta, e la poetessa e pittrice foriana Angela Barnaba. Ma fin da subito il bacino cercava di rompere gli argini per diventare mare, e così si estesero a tutta la letteratura. E si pose un tema che sarebbe stato il filo guida degli incontri, per non perdercisi nel mare. Un tema che veniva scelto magari all’uscita stessa del precedente incontro o che seguiva le ricorrenze e gli anniversari del momento, dunque in modo pur’esso spontaneo.
Lettere vaganti, che, come il cerchio sul quale erano disposte le sedie, non si sa dove inizino e dove finiscano, anche perché il cerchio non inizia né finisce da nessuna parte. Ma che si trovano per la strada, come i libri in cui ci imbattiamo nelle bancarelle, quelli più amati. E il primo tema, seguendo l’idea che ci aveva dato il socio Francesco Castagna, fu comunismo e poesia.
Già qui si potrebbe capire fin dove ci siamo spinti. Fin dove ci siamo voluti spingere. Il venerdì successivo si è passati a Nietzsche e la poesia, e quindi ai canti di Milarepa. Si è studiato sul Vangelo di Giuda, tentato di interpretare il sandalo di Empedocle, meditato passi del Profeta di Khalil Gibran, in previsione delle nostre lezioni di filosofia orientale. In un caldo pomeriggio post-ferragostano si è discusso dell’amore, eppoi dell’esoterico androgino. La settimana dopo abbiamo incontrato il Mefistofele di Goethe, e spostatoci presso un portico di paese adibito a galleria d’arte, per un concomitante evento stagionale, si è trattato  all’uopo di estetica con Shiller e Platone. La settimana dopo il cosmismo russo, incrocio di materialismo e magia, con brani tratti da La Stella Rossa del rivoluzionario Bogdanov. Siamo tornati ai nostri prediletti studi religiosi ricordando il cardinal Martini attraverso sue parole ai giovani. E la settimana dopo abbiamo conosciuto il teologo della delusione e della disperazione Sergio Quinzio, con la sua ultima opera, Mysterium iniquitatis, encicliche di un ultimo immaginario papa. In ricordo della Szymborska abbiamo letto poesie da Gente sul ponte. Il venerdì successivo c’era in presenza libresca lo psicologo Raffaele Morelli. Che ha anticipato di una settimana l’Elogio della Pazzia di Erasmo. In anteprima del nostro cineforum abbiamo trattato Fuori dal cinema di Lodoli, raccolta di pensieri baluginati dopo un film. Prima della fatidica data del 21/12 abbiamo cercato di conoscere meglio i Maya, poi ci siamo presi una nuova pausa poetica con l’ultimo, satirico drammatico Montale. E ancora religione, col Vangelo degli Esseni, per concludere con i 3 ultimi incontri dedicati alla visione e alla lettura dei commenti di una strana opera “pittorico-filosofica”, un raro libro che mi colpì in una vetrina di una libreria a Port’Alba a Napoli, ai tempi dell’università.
Gli incontri settimanali sono finiti per il momento. Li abbiamo voluti sospendere per riflettere un po’, perché dopo la lettura segue sempre la contemplazione. Ma sono diventati mensili. La curiosità del confronto, la voglia di scoprire che ci accompagnava venerdì dopo venerdì è la medesima che ci ha guidato nel fondare quest’Associazione e che ci muove nel portarla avanti. Ed è inesauribile: proprio come il cerchio non ha inizio né fine.


Erato, Musa del canto corale e della poesia amorosa, dipinta da Edward John Poynter, posta sulla locandina degli incontri.