è uscito il numero 2 di BILLIKEN, fanzine multitematica!
In questo numero:
Odisseo - Lidia fumetto mitologico;
articolo: la filosofia come autoanalisi;
rubriche: pittori e poeti locali, l’altro Kipling;
narrativa metropolitana;
e poi poesia, commenti politici, religiosità, musica metal e altro ancora.
Organo ufficiale dell’Associazione 20 luglio.
Richiedi la tua copia a associazione20luglio@gmail.com.
Si cercano collaboratori e sponsor
è inoltre sempre disponibile il n. 1 in cui trovate:
Fallen Angels fumetto
underground;
rubriche: i supereroi di Cinecittà, il mistero di Akakor città
sotterranea, recensione al film L’Intervallo,
Zagor;
acconto pulp illustrato;
e poi poesia, commenti politici, musica metal
e altro ancora.
sotto copertina e quarta di copertina del n. 2
Art. 3 – principi associativi L’Associazione si propone di promuovere la libera esplorazione e la conoscenza delle più diverse idee ed esperienze civili, politiche, culturali, religiose, ambientali, scientifiche, sociali, artistiche o altro, secondo la linea ispiratrice della libertà di studio individuale e collettiva, nell’assoluto rispetto delle individualità proprie e altrui e della diversità delle persone e delle relative culture, tenendo conto della biodiversità umana e universale.
domenica 30 giugno 2013
giovedì 27 giugno 2013
Atti dell’Associazione: un lontano scrutare, un commento al primo ciclo di lezioni di filosofia orientale, dedicato al buddhismo.
da Billiken n. 2:
Di
Lucio Iacono
Dopo gli incontri letterari, ecco il
nostro secondo grande progetto continuativo di ricerca. Fortemente volute da me,
che ho svolto per diversi anni yoga e che ho sempre cercato di unire alla mia
laurea in filosofia anche lo studio delle conoscenze orientali, e dal socio
Antonio Gaeta, ramana, cioè sacerdote, indù, le lezioni di filosofia orientale
sono iniziate il 27 settembre, con cadenza settimanale ogni giovedì.
Io e il ramana volevamo cercare di
trasmettere agli altri ciò che per me è un amore filosofico e una scuola di
vita e di pensiero, e che per lui è un vero sentire religioso. Trasmetterlo ai
nostri soci e amici prima di tutto, ma anche a tutti coloro che si sarebbero
voluto accostare all’Associazione. Ci dividemmo i compiti: io avrei pensato
alla parte filosofica e lui al momento di religiosità conclusivo.
Attenzione a intendere la religione
qui citata in senso occidentale, cioè come un insieme di dogmi, dottrine e atti
liturgici conseguenti. Non esiste dottrina in oriente che sia sistematica e
data una volta per sempre, ma solo esperienza in continuo movimento. In oriente
si è tutti parimenti religiosi e al contempo si è tutti interpreti in modo
diverso della religione, giacché essa non è altro che una pratica, verso noi
stessi, verso il prossimo, verso Dio stesso o verso il vuoto, come nel
buddhismo.
Abbiamo deciso infatti di iniziare
questo corso proprio con la filosofia più dirompente, più alternativa, più
radicale del mondo orientale: la testimonianza non-testimonianza del Buddha. Questa
imperniava la prima parte della lezione, specificatamente dedicata allo studio
e alla spiegazione, con l’ausilio di saggi del nostro tempo. Ho scelto all’uopo
due testi di Osho: Buddha la vita e gli
insegnamenti, Macro Edizioni;
La mente che mente - commenti al
Dhammapada di Gautama il Buddha, Feltrinelli. Seguiva quindi una
meditazione, il dono sommo della civiltà orientale, a tutte le sue filosofie
comune, guidata da me, ove ho cercato di sperimentare ogni volta un modo diverso
di meditare. Poi veniva la lettura di un antico testo orientale, per andare
alle origini, ai primordi della loro cultura, che nel caso è stato Trovare il centro, un testo dello
shivaismo, forse la via più antica, la culla del pensiero orientale, contenuto
in Mumon, La porta senza porta,
Adelphi. E infine il breve momento di religiosità condotto dal ramana. Prima di
ogni lezione avevamo preso l’abitudine, per prepararci a varcare ciò che
stavamo per varcare, di leggere qualche canto di Milarepa, il più grande
maestro del buddhismo tibetano, da I centomila canti di Milarepa, Adelphi
Come sempre è valso il modus
operandi tipico dell’Associazione, cioè di condividere e discutere insieme.
Seduti per terra, senza scarpe, su stuoie e tappeti, a modo dell’ashram, luogo,
“protezione” dal significato sanscrito, yogico, giacché la nostra modesta sede
per quel paio di orette diventava davvero un ashram, i convenuti erano
insegnanti al pari di noi due, portavano i loro contributi, ciò che lo studio
gli ispirava in rapporto alla loro stessa vita e ansia di ricerca, e insieme si
cercava di capire. Per la grande differenza, in forma e sostanza, che
rappresenta questo insieme di filosofie agli occhi del paradigma occidentale, e
più di tutte la via senza via, porta senza porta del buddhismo, è stato un vero
lontano scrutare. Ma, pur con tutte le difficoltà, credo che ci siamo saputi
portare, arrivando anche a vedere, in rare, illuminate volte, che il cuore di
tutte le religioni alla fine è il medesimo.
E soprattutto la meditazione, che
vale più di mille teorie. Nell’arco dei dieci giovedì abbiamo meditato, seduti
in posizione yogica come prescritto, sul vuoto, sul respiro, o meglio
sull’istante di iato tra un atto respiratorio e l’altro, come insegnava Trovare il centro. Abbiamo meditato
recitando un mantra buddhista, percorrendo, con la vista esteriore e interiore,
lo sri yantra (che vedete a fianco), il più potente e venerato dei yantra
induisti, figure geometriche rappresentazioni della divinità e divinità loro
stesse. Eppoi sulla negazione operata dall’insegnamento del Buddha, la via
negativa. E la volta dopo una più leggera, accompagnata dalla musica, come
predicava Osho. Seguita il giovedì successivo da una al suono dei flauti zen. E
poi su un altro mantra, e sulle parole stesse del Dhammapada, che si dice siano dello stesso Gautama il Buddha.
Infine recitando il daimoku, che dal giapponese vale a dire “sia lodata la
legge eterna del sutra del loto”, a compimento di questo primo ciclo di
lezioni.
Purtroppo durante questo corso il
ramana e socio Gaeta, che con me l’ha voluto e preparato, ha deciso di venire
meno a seguito di alcune polemiche e problematiche di coscienza. La sua
decisione mi ha molto addolorato ma le lezioni, pur senza il momento di
religiosità, sono proseguite. Io però mi auguro sempre che come il cerchio, che
torna e ritorna sempre su di sé, figura di cui l’oriente è intessuto, si possa
risanare un dì questa frattura, in questa o altre vite.
Chiuso il primo ciclo di lezioni, il
prossimo verterà sull’induismo e inizierà probabilmente dopo la prossima
estate. Chi è interessato ci contatti al nostro indirizzo email. A voi om om
shanti.
Lo Sri Yantra, posto sulla locandina delle lezioni.
Atti dell’Associazione: litterae vaganti, un commento a Ποιητής - liberi incontri letterari.
da Billiken n. 2:
Di Lucio Iacono
Ποιητής (poietés), che
noi per un voluto vezzo abbiamo voluto mantenere nella locandina con la sua grafia
originale, è stato il primo grande percorso di ricerca svolto
dall’Associazione. Dipanatisi per 25 venerdì, i nostri incontri letterari hanno
messo davvero in pratica il programma fondamentale dell’art. 3 dello Statuto,
quello dei principi associativi: “promuovere la libera esplorazione e la
conoscenza (…)”.
Ποιητής significa poeti, scrittori,
compositori, ma prima ancora fattori, creatori, autori. Heidegger, per il quale
bisognava tornare agli archetipi delle parole, nella sua finale meditazione
filosofica ritenne i poeti gli unici creatori possibili, creatori di senso, di
significato che dava forma all’informe caos: coloro che traevano dal caos
l’essere stesso. Lo creavano dal nulla, o si limitavano a plasmare la silente
materia preesistente? Questo a noi non ci è interessato, perché più che fare
filosofia, abbiamo voluto fare letteratura, immergerci in essa per non più
uscirne.
Cominciamo dal metodo. Esso è
rappresentato nel primo termine del sottotitolo dell’evento: “liberi”. “Liberi”
perché le sedie erano disposte a cerchio, in modo che tutti potessero guardarsi
in faccia, e questa immaginaria tavola rotonda era sita in una locanda spagnola,
una di quelle locande dove ognuno porta qualcosa da mangiare o da bere, e si
condivide con gli altri. Così negli incontri ogni convenuto era invitato a
portare qualcosa di suo o di altri, da condividere. “Liberi” perché liberamente
la discussione procedeva, da letture a commenti, e da commenti a discussioni,
in un moto continuo rimbalzante sulle immaginarie pareti della circonferenza,
ora lento, ora più infervorato quando si trattò di argomenti più toccanti.
Incontri insomma diversi da qualsiasi modello di conferenza con un relatore e
degli ascoltatori: nei nostri incontri ognuno era relatore e ascoltatore.
Invero all’inizio essi si chiamavano
“liberi incontri poetici”, perché, per la propensione mia e del socio Gennaro
Conte, si era voluto limitarli a quest’arte al contempo luminosa e oscura. Fu all’inizio un convivio di poeti locali, assieme
a noi c’erano il direttore artistico e ideatore di questa fanzine, Giancarlo
Pisani, anche poeta, e la poetessa e pittrice foriana Angela Barnaba. Ma fin da
subito il bacino cercava di rompere gli argini per diventare mare, e così si
estesero a tutta la letteratura. E si pose un tema che sarebbe stato il filo
guida degli incontri, per non perdercisi nel mare. Un tema che veniva scelto
magari all’uscita stessa del precedente incontro o che seguiva le ricorrenze e
gli anniversari del momento, dunque in modo pur’esso spontaneo.
Lettere vaganti, che, come il cerchio sul
quale erano disposte le sedie, non si sa dove inizino e dove finiscano, anche
perché il cerchio non inizia né finisce da nessuna parte. Ma che si trovano per
la strada, come i libri in cui ci imbattiamo nelle bancarelle, quelli più
amati. E il primo tema, seguendo l’idea che ci aveva dato il socio Francesco
Castagna, fu comunismo e poesia.
Già qui si potrebbe capire fin dove ci
siamo spinti. Fin dove ci siamo voluti spingere. Il venerdì successivo si è
passati a Nietzsche e la poesia, e quindi ai canti di Milarepa. Si è studiato
sul Vangelo di Giuda, tentato di interpretare il sandalo di Empedocle, meditato
passi del Profeta di Khalil Gibran, in previsione delle nostre lezioni di
filosofia orientale. In un caldo pomeriggio post-ferragostano si è discusso
dell’amore, eppoi dell’esoterico androgino. La settimana dopo abbiamo incontrato
il Mefistofele di Goethe, e spostatoci presso un portico di paese adibito a
galleria d’arte, per un concomitante evento stagionale, si è trattato all’uopo di estetica con Shiller e Platone.
La settimana dopo il cosmismo russo, incrocio di materialismo e magia, con
brani tratti da La Stella Rossa del
rivoluzionario Bogdanov. Siamo tornati ai nostri prediletti studi religiosi
ricordando il cardinal Martini attraverso sue parole ai giovani. E la settimana
dopo abbiamo conosciuto il teologo della delusione e della disperazione Sergio
Quinzio, con la sua ultima opera, Mysterium iniquitatis, encicliche di un
ultimo immaginario papa. In ricordo della Szymborska abbiamo letto
poesie da Gente sul ponte. Il venerdì
successivo c’era in presenza libresca lo psicologo Raffaele Morelli. Che ha
anticipato di una settimana l’Elogio
della Pazzia di Erasmo. In anteprima del nostro cineforum abbiamo trattato Fuori dal cinema di Lodoli, raccolta di
pensieri baluginati dopo un film. Prima della fatidica data del 21/12 abbiamo
cercato di conoscere meglio i Maya, poi ci siamo presi una nuova pausa poetica
con l’ultimo, satirico drammatico Montale. E ancora religione, col Vangelo
degli Esseni, per concludere con i 3 ultimi incontri dedicati alla visione e
alla lettura dei commenti di una strana opera “pittorico-filosofica”, un raro
libro che mi colpì in una vetrina di una libreria a Port’Alba a Napoli, ai
tempi dell’università.
Gli incontri settimanali sono finiti per
il momento. Li abbiamo voluti sospendere per riflettere un po’, perché dopo la
lettura segue sempre la contemplazione. Ma sono diventati mensili. La curiosità
del confronto, la voglia di scoprire che ci accompagnava venerdì dopo venerdì è
la medesima che ci ha guidato nel fondare quest’Associazione e che ci muove nel
portarla avanti. Ed è inesauribile: proprio come il cerchio non ha inizio né fine.
Erato,
Musa del canto corale e della poesia amorosa, dipinta da Edward John Poynter,
posta sulla locandina degli incontri.
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