da Billiken n. 2:
Di Lucio Iacono
Ποιητής (poietés), che
noi per un voluto vezzo abbiamo voluto mantenere nella locandina con la sua grafia
originale, è stato il primo grande percorso di ricerca svolto
dall’Associazione. Dipanatisi per 25 venerdì, i nostri incontri letterari hanno
messo davvero in pratica il programma fondamentale dell’art. 3 dello Statuto,
quello dei principi associativi: “promuovere la libera esplorazione e la
conoscenza (…)”.
Ποιητής significa poeti, scrittori,
compositori, ma prima ancora fattori, creatori, autori. Heidegger, per il quale
bisognava tornare agli archetipi delle parole, nella sua finale meditazione
filosofica ritenne i poeti gli unici creatori possibili, creatori di senso, di
significato che dava forma all’informe caos: coloro che traevano dal caos
l’essere stesso. Lo creavano dal nulla, o si limitavano a plasmare la silente
materia preesistente? Questo a noi non ci è interessato, perché più che fare
filosofia, abbiamo voluto fare letteratura, immergerci in essa per non più
uscirne.
Cominciamo dal metodo. Esso è
rappresentato nel primo termine del sottotitolo dell’evento: “liberi”. “Liberi”
perché le sedie erano disposte a cerchio, in modo che tutti potessero guardarsi
in faccia, e questa immaginaria tavola rotonda era sita in una locanda spagnola,
una di quelle locande dove ognuno porta qualcosa da mangiare o da bere, e si
condivide con gli altri. Così negli incontri ogni convenuto era invitato a
portare qualcosa di suo o di altri, da condividere. “Liberi” perché liberamente
la discussione procedeva, da letture a commenti, e da commenti a discussioni,
in un moto continuo rimbalzante sulle immaginarie pareti della circonferenza,
ora lento, ora più infervorato quando si trattò di argomenti più toccanti.
Incontri insomma diversi da qualsiasi modello di conferenza con un relatore e
degli ascoltatori: nei nostri incontri ognuno era relatore e ascoltatore.
Invero all’inizio essi si chiamavano
“liberi incontri poetici”, perché, per la propensione mia e del socio Gennaro
Conte, si era voluto limitarli a quest’arte al contempo luminosa e oscura. Fu all’inizio un convivio di poeti locali, assieme
a noi c’erano il direttore artistico e ideatore di questa fanzine, Giancarlo
Pisani, anche poeta, e la poetessa e pittrice foriana Angela Barnaba. Ma fin da
subito il bacino cercava di rompere gli argini per diventare mare, e così si
estesero a tutta la letteratura. E si pose un tema che sarebbe stato il filo
guida degli incontri, per non perdercisi nel mare. Un tema che veniva scelto
magari all’uscita stessa del precedente incontro o che seguiva le ricorrenze e
gli anniversari del momento, dunque in modo pur’esso spontaneo.
Lettere vaganti, che, come il cerchio sul
quale erano disposte le sedie, non si sa dove inizino e dove finiscano, anche
perché il cerchio non inizia né finisce da nessuna parte. Ma che si trovano per
la strada, come i libri in cui ci imbattiamo nelle bancarelle, quelli più
amati. E il primo tema, seguendo l’idea che ci aveva dato il socio Francesco
Castagna, fu comunismo e poesia.
Già qui si potrebbe capire fin dove ci
siamo spinti. Fin dove ci siamo voluti spingere. Il venerdì successivo si è
passati a Nietzsche e la poesia, e quindi ai canti di Milarepa. Si è studiato
sul Vangelo di Giuda, tentato di interpretare il sandalo di Empedocle, meditato
passi del Profeta di Khalil Gibran, in previsione delle nostre lezioni di
filosofia orientale. In un caldo pomeriggio post-ferragostano si è discusso
dell’amore, eppoi dell’esoterico androgino. La settimana dopo abbiamo incontrato
il Mefistofele di Goethe, e spostatoci presso un portico di paese adibito a
galleria d’arte, per un concomitante evento stagionale, si è trattato all’uopo di estetica con Shiller e Platone.
La settimana dopo il cosmismo russo, incrocio di materialismo e magia, con
brani tratti da La Stella Rossa del
rivoluzionario Bogdanov. Siamo tornati ai nostri prediletti studi religiosi
ricordando il cardinal Martini attraverso sue parole ai giovani. E la settimana
dopo abbiamo conosciuto il teologo della delusione e della disperazione Sergio
Quinzio, con la sua ultima opera, Mysterium iniquitatis, encicliche di un
ultimo immaginario papa. In ricordo della Szymborska abbiamo letto
poesie da Gente sul ponte. Il venerdì
successivo c’era in presenza libresca lo psicologo Raffaele Morelli. Che ha
anticipato di una settimana l’Elogio
della Pazzia di Erasmo. In anteprima del nostro cineforum abbiamo trattato Fuori dal cinema di Lodoli, raccolta di
pensieri baluginati dopo un film. Prima della fatidica data del 21/12 abbiamo
cercato di conoscere meglio i Maya, poi ci siamo presi una nuova pausa poetica
con l’ultimo, satirico drammatico Montale. E ancora religione, col Vangelo
degli Esseni, per concludere con i 3 ultimi incontri dedicati alla visione e
alla lettura dei commenti di una strana opera “pittorico-filosofica”, un raro
libro che mi colpì in una vetrina di una libreria a Port’Alba a Napoli, ai
tempi dell’università.
Gli incontri settimanali sono finiti per
il momento. Li abbiamo voluti sospendere per riflettere un po’, perché dopo la
lettura segue sempre la contemplazione. Ma sono diventati mensili. La curiosità
del confronto, la voglia di scoprire che ci accompagnava venerdì dopo venerdì è
la medesima che ci ha guidato nel fondare quest’Associazione e che ci muove nel
portarla avanti. Ed è inesauribile: proprio come il cerchio non ha inizio né fine.
Erato,
Musa del canto corale e della poesia amorosa, dipinta da Edward John Poynter,
posta sulla locandina degli incontri.
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