giovedì 27 giugno 2013

Atti dell’Associazione: litterae vaganti, un commento a Ποιητής - liberi incontri letterari.


da Billiken n. 2:


Di Lucio Iacono

Ποιητής (poietés), che noi per un voluto vezzo abbiamo voluto mantenere nella locandina con la sua grafia originale, è stato il primo grande percorso di ricerca svolto dall’Associazione. Dipanatisi per 25 venerdì, i nostri incontri letterari hanno messo davvero in pratica il programma fondamentale dell’art. 3 dello Statuto, quello dei principi associativi: “promuovere la libera esplorazione e la conoscenza (…)”.
Ποιητής significa poeti, scrittori, compositori, ma prima ancora fattori, creatori, autori. Heidegger, per il quale bisognava tornare agli archetipi delle parole, nella sua finale meditazione filosofica ritenne i poeti gli unici creatori possibili, creatori di senso, di significato che dava forma all’informe caos: coloro che traevano dal caos l’essere stesso. Lo creavano dal nulla, o si limitavano a plasmare la silente materia preesistente? Questo a noi non ci è interessato, perché più che fare filosofia, abbiamo voluto fare letteratura, immergerci in essa per non più uscirne.
Cominciamo dal metodo. Esso è rappresentato nel primo termine del sottotitolo dell’evento: “liberi”. “Liberi” perché le sedie erano disposte a cerchio, in modo che tutti potessero guardarsi in faccia, e questa immaginaria tavola rotonda era sita in una locanda spagnola, una di quelle locande dove ognuno porta qualcosa da mangiare o da bere, e si condivide con gli altri. Così negli incontri ogni convenuto era invitato a portare qualcosa di suo o di altri, da condividere. “Liberi” perché liberamente la discussione procedeva, da letture a commenti, e da commenti a discussioni, in un moto continuo rimbalzante sulle immaginarie pareti della circonferenza, ora lento, ora più infervorato quando si trattò di argomenti più toccanti. Incontri insomma diversi da qualsiasi modello di conferenza con un relatore e degli ascoltatori: nei nostri incontri ognuno era relatore e ascoltatore.
Invero all’inizio essi si chiamavano “liberi incontri poetici”, perché, per la propensione mia e del socio Gennaro Conte, si era voluto limitarli a quest’arte al contempo luminosa e oscura. Fu  all’inizio un convivio di poeti locali, assieme a noi c’erano il direttore artistico e ideatore di questa fanzine, Giancarlo Pisani, anche poeta, e la poetessa e pittrice foriana Angela Barnaba. Ma fin da subito il bacino cercava di rompere gli argini per diventare mare, e così si estesero a tutta la letteratura. E si pose un tema che sarebbe stato il filo guida degli incontri, per non perdercisi nel mare. Un tema che veniva scelto magari all’uscita stessa del precedente incontro o che seguiva le ricorrenze e gli anniversari del momento, dunque in modo pur’esso spontaneo.
Lettere vaganti, che, come il cerchio sul quale erano disposte le sedie, non si sa dove inizino e dove finiscano, anche perché il cerchio non inizia né finisce da nessuna parte. Ma che si trovano per la strada, come i libri in cui ci imbattiamo nelle bancarelle, quelli più amati. E il primo tema, seguendo l’idea che ci aveva dato il socio Francesco Castagna, fu comunismo e poesia.
Già qui si potrebbe capire fin dove ci siamo spinti. Fin dove ci siamo voluti spingere. Il venerdì successivo si è passati a Nietzsche e la poesia, e quindi ai canti di Milarepa. Si è studiato sul Vangelo di Giuda, tentato di interpretare il sandalo di Empedocle, meditato passi del Profeta di Khalil Gibran, in previsione delle nostre lezioni di filosofia orientale. In un caldo pomeriggio post-ferragostano si è discusso dell’amore, eppoi dell’esoterico androgino. La settimana dopo abbiamo incontrato il Mefistofele di Goethe, e spostatoci presso un portico di paese adibito a galleria d’arte, per un concomitante evento stagionale, si è trattato  all’uopo di estetica con Shiller e Platone. La settimana dopo il cosmismo russo, incrocio di materialismo e magia, con brani tratti da La Stella Rossa del rivoluzionario Bogdanov. Siamo tornati ai nostri prediletti studi religiosi ricordando il cardinal Martini attraverso sue parole ai giovani. E la settimana dopo abbiamo conosciuto il teologo della delusione e della disperazione Sergio Quinzio, con la sua ultima opera, Mysterium iniquitatis, encicliche di un ultimo immaginario papa. In ricordo della Szymborska abbiamo letto poesie da Gente sul ponte. Il venerdì successivo c’era in presenza libresca lo psicologo Raffaele Morelli. Che ha anticipato di una settimana l’Elogio della Pazzia di Erasmo. In anteprima del nostro cineforum abbiamo trattato Fuori dal cinema di Lodoli, raccolta di pensieri baluginati dopo un film. Prima della fatidica data del 21/12 abbiamo cercato di conoscere meglio i Maya, poi ci siamo presi una nuova pausa poetica con l’ultimo, satirico drammatico Montale. E ancora religione, col Vangelo degli Esseni, per concludere con i 3 ultimi incontri dedicati alla visione e alla lettura dei commenti di una strana opera “pittorico-filosofica”, un raro libro che mi colpì in una vetrina di una libreria a Port’Alba a Napoli, ai tempi dell’università.
Gli incontri settimanali sono finiti per il momento. Li abbiamo voluti sospendere per riflettere un po’, perché dopo la lettura segue sempre la contemplazione. Ma sono diventati mensili. La curiosità del confronto, la voglia di scoprire che ci accompagnava venerdì dopo venerdì è la medesima che ci ha guidato nel fondare quest’Associazione e che ci muove nel portarla avanti. Ed è inesauribile: proprio come il cerchio non ha inizio né fine.


Erato, Musa del canto corale e della poesia amorosa, dipinta da Edward John Poynter, posta sulla locandina degli incontri.

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