da Billiken n. 2:
Di
Lucio Iacono
Dopo gli incontri letterari, ecco il
nostro secondo grande progetto continuativo di ricerca. Fortemente volute da me,
che ho svolto per diversi anni yoga e che ho sempre cercato di unire alla mia
laurea in filosofia anche lo studio delle conoscenze orientali, e dal socio
Antonio Gaeta, ramana, cioè sacerdote, indù, le lezioni di filosofia orientale
sono iniziate il 27 settembre, con cadenza settimanale ogni giovedì.
Io e il ramana volevamo cercare di
trasmettere agli altri ciò che per me è un amore filosofico e una scuola di
vita e di pensiero, e che per lui è un vero sentire religioso. Trasmetterlo ai
nostri soci e amici prima di tutto, ma anche a tutti coloro che si sarebbero
voluto accostare all’Associazione. Ci dividemmo i compiti: io avrei pensato
alla parte filosofica e lui al momento di religiosità conclusivo.
Attenzione a intendere la religione
qui citata in senso occidentale, cioè come un insieme di dogmi, dottrine e atti
liturgici conseguenti. Non esiste dottrina in oriente che sia sistematica e
data una volta per sempre, ma solo esperienza in continuo movimento. In oriente
si è tutti parimenti religiosi e al contempo si è tutti interpreti in modo
diverso della religione, giacché essa non è altro che una pratica, verso noi
stessi, verso il prossimo, verso Dio stesso o verso il vuoto, come nel
buddhismo.
Abbiamo deciso infatti di iniziare
questo corso proprio con la filosofia più dirompente, più alternativa, più
radicale del mondo orientale: la testimonianza non-testimonianza del Buddha. Questa
imperniava la prima parte della lezione, specificatamente dedicata allo studio
e alla spiegazione, con l’ausilio di saggi del nostro tempo. Ho scelto all’uopo
due testi di Osho: Buddha la vita e gli
insegnamenti, Macro Edizioni;
La mente che mente - commenti al
Dhammapada di Gautama il Buddha, Feltrinelli. Seguiva quindi una
meditazione, il dono sommo della civiltà orientale, a tutte le sue filosofie
comune, guidata da me, ove ho cercato di sperimentare ogni volta un modo diverso
di meditare. Poi veniva la lettura di un antico testo orientale, per andare
alle origini, ai primordi della loro cultura, che nel caso è stato Trovare il centro, un testo dello
shivaismo, forse la via più antica, la culla del pensiero orientale, contenuto
in Mumon, La porta senza porta,
Adelphi. E infine il breve momento di religiosità condotto dal ramana. Prima di
ogni lezione avevamo preso l’abitudine, per prepararci a varcare ciò che
stavamo per varcare, di leggere qualche canto di Milarepa, il più grande
maestro del buddhismo tibetano, da I centomila canti di Milarepa, Adelphi
Come sempre è valso il modus
operandi tipico dell’Associazione, cioè di condividere e discutere insieme.
Seduti per terra, senza scarpe, su stuoie e tappeti, a modo dell’ashram, luogo,
“protezione” dal significato sanscrito, yogico, giacché la nostra modesta sede
per quel paio di orette diventava davvero un ashram, i convenuti erano
insegnanti al pari di noi due, portavano i loro contributi, ciò che lo studio
gli ispirava in rapporto alla loro stessa vita e ansia di ricerca, e insieme si
cercava di capire. Per la grande differenza, in forma e sostanza, che
rappresenta questo insieme di filosofie agli occhi del paradigma occidentale, e
più di tutte la via senza via, porta senza porta del buddhismo, è stato un vero
lontano scrutare. Ma, pur con tutte le difficoltà, credo che ci siamo saputi
portare, arrivando anche a vedere, in rare, illuminate volte, che il cuore di
tutte le religioni alla fine è il medesimo.
E soprattutto la meditazione, che
vale più di mille teorie. Nell’arco dei dieci giovedì abbiamo meditato, seduti
in posizione yogica come prescritto, sul vuoto, sul respiro, o meglio
sull’istante di iato tra un atto respiratorio e l’altro, come insegnava Trovare il centro. Abbiamo meditato
recitando un mantra buddhista, percorrendo, con la vista esteriore e interiore,
lo sri yantra (che vedete a fianco), il più potente e venerato dei yantra
induisti, figure geometriche rappresentazioni della divinità e divinità loro
stesse. Eppoi sulla negazione operata dall’insegnamento del Buddha, la via
negativa. E la volta dopo una più leggera, accompagnata dalla musica, come
predicava Osho. Seguita il giovedì successivo da una al suono dei flauti zen. E
poi su un altro mantra, e sulle parole stesse del Dhammapada, che si dice siano dello stesso Gautama il Buddha.
Infine recitando il daimoku, che dal giapponese vale a dire “sia lodata la
legge eterna del sutra del loto”, a compimento di questo primo ciclo di
lezioni.
Purtroppo durante questo corso il
ramana e socio Gaeta, che con me l’ha voluto e preparato, ha deciso di venire
meno a seguito di alcune polemiche e problematiche di coscienza. La sua
decisione mi ha molto addolorato ma le lezioni, pur senza il momento di
religiosità, sono proseguite. Io però mi auguro sempre che come il cerchio, che
torna e ritorna sempre su di sé, figura di cui l’oriente è intessuto, si possa
risanare un dì questa frattura, in questa o altre vite.
Chiuso il primo ciclo di lezioni, il
prossimo verterà sull’induismo e inizierà probabilmente dopo la prossima
estate. Chi è interessato ci contatti al nostro indirizzo email. A voi om om
shanti.
Lo Sri Yantra, posto sulla locandina delle lezioni.
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