giovedì 27 giugno 2013

Atti dell’Associazione: un lontano scrutare, un commento al primo ciclo di lezioni di filosofia orientale, dedicato al buddhismo.



da Billiken n. 2:

Di Lucio Iacono

            Dopo gli incontri letterari, ecco il nostro secondo grande progetto continuativo di ricerca. Fortemente volute da me, che ho svolto per diversi anni yoga e che ho sempre cercato di unire alla mia laurea in filosofia anche lo studio delle conoscenze orientali, e dal socio Antonio Gaeta, ramana, cioè sacerdote, indù, le lezioni di filosofia orientale sono iniziate il 27 settembre, con cadenza settimanale ogni giovedì.
            Io e il ramana volevamo cercare di trasmettere agli altri ciò che per me è un amore filosofico e una scuola di vita e di pensiero, e che per lui è un vero sentire religioso. Trasmetterlo ai nostri soci e amici prima di tutto, ma anche a tutti coloro che si sarebbero voluto accostare all’Associazione. Ci dividemmo i compiti: io avrei pensato alla parte filosofica e lui al momento di religiosità conclusivo.
            Attenzione a intendere la religione qui citata in senso occidentale, cioè come un insieme di dogmi, dottrine e atti liturgici conseguenti. Non esiste dottrina in oriente che sia sistematica e data una volta per sempre, ma solo esperienza in continuo movimento. In oriente si è tutti parimenti religiosi e al contempo si è tutti interpreti in modo diverso della religione, giacché essa non è altro che una pratica, verso noi stessi, verso il prossimo, verso Dio stesso o verso il vuoto, come nel buddhismo.
            Abbiamo deciso infatti di iniziare questo corso proprio con la filosofia più dirompente, più alternativa, più radicale del mondo orientale: la testimonianza non-testimonianza del Buddha. Questa imperniava la prima parte della lezione, specificatamente dedicata allo studio e alla spiegazione, con l’ausilio di saggi del nostro tempo. Ho scelto all’uopo due testi di Osho:  Buddha la vita e gli insegnamenti, Macro Edizioni; La mente che mente - commenti al Dhammapada di Gautama il Buddha, Feltrinelli. Seguiva quindi una meditazione, il dono sommo della civiltà orientale, a tutte le sue filosofie comune, guidata da me, ove ho cercato di sperimentare ogni volta un modo diverso di meditare. Poi veniva la lettura di un antico testo orientale, per andare alle origini, ai primordi della loro cultura, che nel caso è stato Trovare il centro, un testo dello shivaismo, forse la via più antica, la culla del pensiero orientale, contenuto in Mumon, La porta senza porta, Adelphi. E infine il breve momento di religiosità condotto dal ramana. Prima di ogni lezione avevamo preso l’abitudine, per prepararci a varcare ciò che stavamo per varcare, di leggere qualche canto di Milarepa, il più grande maestro del buddhismo tibetano, da I centomila canti di Milarepa, Adelphi
            Come sempre è valso il modus operandi tipico dell’Associazione, cioè di condividere e discutere insieme. Seduti per terra, senza scarpe, su stuoie e tappeti, a modo dell’ashram, luogo, “protezione” dal significato sanscrito, yogico, giacché la nostra modesta sede per quel paio di orette diventava davvero un ashram, i convenuti erano insegnanti al pari di noi due, portavano i loro contributi, ciò che lo studio gli ispirava in rapporto alla loro stessa vita e ansia di ricerca, e insieme si cercava di capire. Per la grande differenza, in forma e sostanza, che rappresenta questo insieme di filosofie agli occhi del paradigma occidentale, e più di tutte la via senza via, porta senza porta del buddhismo, è stato un vero lontano scrutare. Ma, pur con tutte le difficoltà, credo che ci siamo saputi portare, arrivando anche a vedere, in rare, illuminate volte, che il cuore di tutte le religioni alla fine è il medesimo.
            E soprattutto la meditazione, che vale più di mille teorie. Nell’arco dei dieci giovedì abbiamo meditato, seduti in posizione yogica come prescritto, sul vuoto, sul respiro, o meglio sull’istante di iato tra un atto respiratorio e l’altro, come insegnava Trovare il centro. Abbiamo meditato recitando un mantra buddhista, percorrendo, con la vista esteriore e interiore, lo sri yantra (che vedete a fianco), il più potente e venerato dei yantra induisti, figure geometriche rappresentazioni della divinità e divinità loro stesse. Eppoi sulla negazione operata dall’insegnamento del Buddha, la via negativa. E la volta dopo una più leggera, accompagnata dalla musica, come predicava Osho. Seguita il giovedì successivo da una al suono dei flauti zen. E poi su un altro mantra, e sulle parole stesse del Dhammapada, che si dice siano dello stesso Gautama il Buddha. Infine recitando il daimoku, che dal giapponese vale a dire “sia lodata la legge eterna del sutra del loto”, a compimento di questo primo ciclo di lezioni.
            Purtroppo durante questo corso il ramana e socio Gaeta, che con me l’ha voluto e preparato, ha deciso di venire meno a seguito di alcune polemiche e problematiche di coscienza. La sua decisione mi ha molto addolorato ma le lezioni, pur senza il momento di religiosità, sono proseguite. Io però mi auguro sempre che come il cerchio, che torna e ritorna sempre su di sé, figura di cui l’oriente è intessuto, si possa risanare un dì questa frattura, in questa o altre vite.
            Chiuso il primo ciclo di lezioni, il prossimo verterà sull’induismo e inizierà probabilmente dopo la prossima estate. Chi è interessato ci contatti al nostro indirizzo email. A voi om om shanti.



Lo Sri Yantra, posto sulla locandina delle lezioni.

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